Lunedì, 17 Novembre 2014 | Scritto da: didattica

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PARITA’ DI GENERE: STORIA, FILOSOFIA E MEDIA

4^ INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ ASTIGIANO E L’ ALBESE

I.C. DI S. DAMIANO D’ASTI A.S. 2014/2015

In occasione delle Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, il Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I. C. di S. Damiano d’Asti in collaborazione con l’Israt e il Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna d’Asti ha proposto un appuntamento dal titolo“Parità di genere: storia, filosofia e media” per parlare di donne dal punto di vista storico, filosofico e in relazione all’ immagine stereotipata che viene proposta dai media. L’incontro si è tenuto presso il Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna d’Asti sabato 29 novembre 2014 e ha visto come relatrici la Nicoletta Fasano, ricercatrice Israt, Giovanna Morone, docente di filosofia presso il Liceo Scientifico “Cocito” di Alba e Gianna Pasquero, responsabile del Sert di Alba in particolare del progetto Steadycam (progetto pilota a livello nazionale che promuove l’ educazione alla salute e la prevenzione delle dipendenze mediante l’uso di materiale multimediale).

Nell’introdurre il pomeriggio, Tiziana Mo ha ricordato che il 25 novembre è stato scelto dalle Nazioni Unite come data ufficiale per commemorare la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne ricordando l’orribile assassinio delle sorelle Maribal avvenuto nel 1960.  Attualmente in Italia è in vigore la Convenzione di Instambul  ma tutto ciò non è sufficiente se non si realizza, con gesti concreti a partire dalla quotidianità della vita in famiglia, la parità e il rispetto di genere.  Subito dopo la dott.ssa Fasano ha  preso la parola per trattare della figura femminile nell’astigiano dalla fine dell’ 800 al secondo dopoguerra. Negli anni successivi all’ Unità, la situazione di arretratezza colpiva non solo l’Italia meridionale ma anche le nostre zone. Circa il 50% della popolazione astigiana era analfabeta e di questo il 70% era costituito da donne costrette ad una vita difficile che durava davvero pochi anni. A quell’epoca molte erano occupate, oltre che della conduzione della casa, nella produzione artigianale e manufatturiera relativa alla bachicoltura, alla tessitura e non solo. A partire dall’ingresso dell’ Italia nel Primo Conflitto Mondiale, le donne furono impiegate in tutti i ruoli, anche quelli della produzione industriale, che erano stati lasciati liberi dagli uomini al fronte. Purtroppo al termine della guerra, tutto ciò non determinò un cambiamento delle condizioni femminili ma furono proprio le donne ad animare le più grandi proteste per far cessare le ostilità anche a rischio della detenzione e, spesso, della vita stessa. Ma furono anche altri i fermenti che animarono quegli anni come, ad esempio, nel 1904 la nascita di testate come “Cronache femminili” diretto da E. Mariani che rimase attivo per circa cinquant’anni. Invece, a Castagnole Lanze,  Olimpia Saccati, dirigeva  dal 1875 al 1902, “La missione delle donne” affidandone la stampa ad una tipografia diretta da una donna. Nel periodo fascista la figura femminile venne ancora strumentalizzata e considerata, principalmente, per la sua funzione procreatrice o, al massimo, per ricoprire il ruolo di commessa, segretaria, maestra e crocerossina. Già nel marzo del ’43, le donne iniziarono le proteste con gli scioperi che proseguirono, con l’Italia occupata, nella primavera del ’44. Altre donne scelsero di entrare come ausiliarie nella Repubblica Sociale Italiana, raramente impugnando le armi. Molte altre scelsero la lotta partigiana ma, al termine del conflitto, furono confinate come figure di contorno agli uomini e, nonostante i rischi corsi, raramente ottennero l’attestato di riconoscimento come partigiane e il conseguente diritto alla pensione. Alle donne si concesse il diritto al voto che praticarono per la prima volta durante le elezioni amministrative della primavera del ’46 ma, inizialmente, non comparirono nell’elenco dei candidati. La legge venne variata solo una quindicina di giorni prima delle votazioni, troppo pochi per permettere ad un numero consistente di donne di partecipare alla tornata elettorale. Sulla Gazzetta d’Asti di quel periodo, addirittura, si chiedeva di aiutare nell’esercizio del voto gli ignoranti, le donne e, soprattutto, le suore. Dal ’46 in poi seguì uno straordinario percorso di consapevolezza che, oggi, spesso subisce delle sterzate e dei bruschi arresti.

Giovanna Morone, partendo da una riflessione critica del “Visconte dimezzato” di Calvino dove Medardo dice a Pamela che sia uomini che donne sono esseri dimezzati che cercavano di completarsi. Nel ‘700 illuminista, molti furono gli spunti riformisti che stupiscono ancora oggi per la loro attualità. Allora, ad esempio, alcune tra le donne di pensiero scelsero di rifiutare la maternità vista come stereotipo. Oggi la figura delle donne viene proposta sovente come vittima e come madre che realizza se stessa solo in seno alla famiglia. Quindi, viene presentata una donna “uterina” e tutto ciò allontana di anni luce le conquiste del femminismo. Invece dovrebbe essere unica la società degli uomini e delle donne. In tempi che ci appaiono lontanissimi, Condorcet proponeva una scuola unica per tutti, il diritto di cittadinanza e di voto alle donne… basandosi sulla figura della moglie Sophie anch’essa molto attiva su questi fronti. Quest’ultima era convinta che all’interno della famiglia dovesse essere promossa l’educazione morale capace di sollecitare la sensibilità comune di uomini e donne aperti alla comprensione verso il prossimo. La Morone ha concluso il suo intervento dicendo che, attualmente, anche se sembrava consolidata la parità di genere, le donne madri sono nuovamente diventate dei simboli e, tristemente, proprio le donne non combattono per includere tutte coloro che, per scelta o no, madri non sono.

Il discorso di Gianna Pasquero - media educator - è stato rivolto ad una riflessione sui mass media. La pubblicità, spesso, presenta  degli stereotipi di genere a partire, ad esempio, dalla pubblicità rivolta ai bambini. Infatti, dopo aver visionato alcuni di questi materiali, è emerso molto chiaramente che le campagne rivolte ai maschi sono caratterizzate dalla violenza, da colori accesi, da voci narranti molto potenti mentre quelli rivolte alle femmine sono basati sulla bellezza, la funzione di accudimento alle quali, in quelle rivolte ad un pubblico più adulto, si aggiungono la disponibilità. Il corpo femminile viene quasi sempre rappresentato come accondiscendente nei confronti di un pubblico maschile. Invece il maschio appare sempre impegnato, forte, capace di decidere e, raramente, come padre. La pubblicità è persuasiva e costruisce un immaginario forte. Ovviamente non si può attribuire a tutto ciò – in una società complessa come la nostra – una connessione di causa ed effetto rispetto alla parità o, addirittura, alla violenza di genere. Sicuramente, nelle situazioni in cui non è possibile promuovere una riflessione profonda su questi messaggi, l’idea di fondo che giunge è quella di una figura femminile che non vive di vita autonoma per realizzare la propria personalità ma per soddisfare desideri che non sono i suoi.

L’incontro è stato accompagnato dalla presenza di un pubblico numeroso e attento e, sicuramente, non sarà l’ultimo che verrà promosso dal Polo Cittattiva su queste tematiche.

G. Cravanzola


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