Domenica, 14 Aprile 2019 | Scritto da: didattica

“SOLO PER I MORTI LA GUERRA FINISCE”

14° INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE

Sabato 27 aprile 2019, presso la Biblioteca di Canale d’Alba, si sono concluse le iniziative del percorso “Vecchie e nuove R- esistenze – F” organizzato dall’ Associazione culturale per la Memoria della Resistenza

25apr2Franco Casetta” con il Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese, il Museo di  Cisterna d’Asti e l’ Aimc di Asti.  Per l’occasione è stato presentato il libro “Solo per i morti la guerra finisce. La Resistenza di un

ragazzo a Torino”, (Ed. Anpi Piemonte) di Silvio Borione. Ne ha discusso con i professori Michelangelo Caponetto e Daniele Ferrero che hanno curato la pubblicazione. La storia di Silvio Borione, oggi, ci sembra quasi incredibile perché è quella di un bambino che si trova a partecipare attivamente alla Resistenza comprendendone lucidamente, nonostante la giovane età, le implicazioni. Classe 1930, Borione oggi è un uomo di 89 anni con lo sguardo luminoso di un ragazzo che del mondo conosce le brutture ma che sa ancora volgere lo sguardo verso la speranza di un domani migliore. Così, solo a guardarlo e a essere osservati dai suoi occhi, ci si sente interrogati in prima persona ma anche partecipi della sua storia. Come ha sottolineato il prof. Caponetto: “Silvio batteva già copie a macchina dei verbali delle riunioni clandestine con un vero e proprio afflato letterario. La prima copia è andata distrutta nei bombardamenti ma ha recuperato in seguito il materiale arricchendolo ulteriormente fino ad ottenere circa 400 pagine manoscritte di cui sono venuto a conoscenza grazie a un mio alunno”. Impossibile, dopo una prima lettura, non accorgersi della potenza di questo testo che doveva essere pubblicato. Infatti, hanno detto Ferrero e Caponetto: “Abbiamo solo dato un dato un ordine al materiale rendendolo coerente perché Silvio è un autodidatta dalla grande cultura e, proprio per questo, il testo ha peculiarità letterarie. Le vicende vissute diventano storie da raccontare e da fruire secondo diversi piani di lettura: quello letterario ma anche relativo alla ricostruzione della coscienza operaia negli anni della guerra per arrivare alle vicende strettamente legate all’azione partigiana.”.

Silvio Borione nasce in una famiglia proletaria dove è forte il riconoscimento dell’importanza della cultura ed è per questo che, nonostante i suoi studi terminino con la licenza elementare, la sua formazione continua attraverso molte letture che gli consentiranno di vedere il mondo da un punto di vista diverso rispetto ai suoi compagni. In quegli anni, dove la scuola è una vera e propria palestra militare nella quale addestrare i futuri combattenti, l’animo ribelle di questo bambino comincia a interrogarsi sulle motivazioni delle parate, del sabato fascista, del saluto romano. Spaventoso l’episodio dove narra della presenza di una forca nel cortile della scuola: i bambini sono addestrati a colpire il fantoccio appeso con l’intento espresso di uccidere il nemico facendolo anche soffrire. Ovviamente, all’epoca è molto difficile sentirsi e essere antifascisti ma la famiglia Borione ha già questa impostazione che Silvio respirerà ancora più fortemente quando, dopo alcuni anni trascorsi con la madre dopo la separazione dei genitori, andrà a vivere con il padre che diventerà partigiano. Qui, si trova a contatto con la classe operaia e, proprio da questo momento, comincia a leggere il più possibile. Ovviamente, questo suo essere ribelle, viene punito a scuola ma tutto ciò serve a fargli odiare ancora di più il fascismo. Il suo sguardo sul mondo è quello di un bambino che ha solo conosciuto l’esaltazione della violenza del più forte e la guerra quando, nel luglio del ‘43 vede la gente vivere un “gioioso sbandamento”.

“Il 26 luglio non capivo più bene cosa stesse succedendo. Non c’è stato un morto. In quei giorni era scoppiata la pace e io non la capivo. Noi bambini vissuti nel fascismo non comprendevamo quegli adulti festosi e rumorosi. Non c’era più il coprifuoco e avevo perfino paura delle luci notturne nelle strade… anche dopo la liberazione mi sono trovato disorientato: l’universo fascista ma anche la resistenza erano venute meno. Purtroppo, anche dopo, per me la guerra è continuata attraverso le morti dei compagni, dei deportati… Ogni famiglia che conoscevo aveva un dolore. Il mondo, per me, era diventato troppo nuovo e sono diventato un vagabondo. Non riuscivo a comprenderlo e neppure la gente. I partigiani, come me, non partecipavano all’orgia di contentezza. Purtroppo, dopo la fine della guerra, si è rifatto subito il fascismo”. Però, come ha ricordato Silvio Borione citando Nelson Mandela “Il vero sognatore è colui che non rinuncia mai ai suoi sogni”. Infatti, Silvio ha mantenuto intatto il suo impegno resistente come militante del partito comunista proprio perché, come dice il titolo “Solo per i morti la guerra non finisce” perché, ieri come oggi, tutti siamo chiamati a resistere per mantenere vivi i valori dell’umanità.

Giovanna Cravanzola

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