Domenica, 27 Ottobre 2019 | Scritto da: didattica

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“I MITI E LA FILOSOFIA – 2° incontro”

IL MITO DI PROMETEO: TECNICA E VALORI: VIAGGIO IN COPPIA O SOLITARIO?

REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3

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Dopo l’intenso incontro del 12 ottobre scorso con il prof. Alberto Banaudi, sabato 9 novembre 2019 si è tenuto il secondo appuntamento del ciclo “I miti e la filosofia”. L’iniziativa è stata organizzata dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese –C. di San Damiano d’Asti con il Castello e il Comune di Cisterna d’Asti, la Fra Production spa, le Cantine Povero distribuzione srl e l’Aimc di Asti. Il prof. Alberto Banaudi è laureato in Lettere Classiche presso l’Università di Torino e in Filosofia presso l’Università di Genova. È professore di storia e filosofia al liceo scientifico “F. Vercelli” di Asti e di letterature classiche all’Utea. Oltre ad insegnare, Banaudi si dedica alla ricerca filosofica.

Durante il precedente appuntamento – che ha meritato un lungo e interminabile applauso – Banaudi ha affascinato il pubblico trasportandolo in un viaggio tra miti e sirene, grazie alla sua capacità di coinvolgere accarezzando con le parole. L’incontro si è aperto la proiezione di alcune immagini. La prima è stata quella di un’opera dell’artista BruniBruno Bruni dal titolo “L’abbraccio – Il ritorno”. La scultura rappresenta una donna ed un uomo uniti da un abbraccio che pare superare i limiti del terreno. È l’ incontro puro di corpi e anime che si intrecciano, si fondono diventando una cosa unica. Si potrebbe interpretare come l’incontro del mythos (lei) con il logos (lui). La donna è nuda, fragile però è l’unica che poggia i piedi per terra. L’uomo, al contrario, è completamente vestito ma privo di gambe e, da solo, non avrebbe appoggio. Allo stesso modo, senza il mito, la ragione non ha un appoggio stabile, non ha potere di guida ma solo di veto. La donna deve comprendere quando il mito diventa pericoloso perché capace di trascinare verso l’oscurità. La ragione, invece, non è la guida ma deve essere in grado di farsi guidare da valori come la giustizia che non è solo un insieme di procedure. La Prassitele.jpgseconda immagine è stata quella dell’Apollo Sauroctono (uccisore di lucertole) di Prassitele, scelta per parlare di uomini, dei e del mito di Prometeo. “Un tempo, uomini e dei mangiavano insieme, cioè alla stessa tavola ma con cibi diversi. Erano beati: vivevano nell’età dell’oro. Non esistevano le donne e gli uomini nascevano dalla Madre Terra. Nutrendosi di ambrosia, gli dei non erano legati al ciclo del divenire come gli uomini. A questo proposito – ha sottolineato Banaudi – il lieve sorriso e il gesto accennato che l’Apollo Sauroctono compie con braccio e mano destra, sono molto importanti. Infatti, nell’Iliade si narra che, a un certo punto, Achille non volle più combattere. Patroclo, però, volle proseguire facendo strage di nemici fino a quando, alle sue spalle, arrivò il dio Apollo che, con un lieve colpo tra le sue scapole, lo colpì facendogli perdere l’armatura. In questo modo, lo tramortì e lo rese inerme di fronte ai nemici. Apollo, mentre compie questo gesto, è sorridente perché non conosce la pena del morire”. Zeus, aveva creato un nuovo assetto cosmico dato dall’ordine e dalla bellezza. Per fare tutto ciò, aveva dovuto separare le forze e, soprattutto, gli dei dagli uomini che non conoscevano il significato di fatica, lavoro, dolore e morte. Erano inconsapevoli quasi come gli animali che credono di essere immortali. Per questo, morivano addormentandosi. Così Zeus chiese a Prometeo, di aiutarlo a dividere gli uomini dalle divinità istituendo il sacrificio degli uomini agli dei: doveva dividere in due un bue e stabilire quali dare agli uomini e agli dei. Prometeo mise in un sacco il grasso e le ossa e, nell’altro, la carne. Poi fece scegliere a Zeus che prese il sacco più grande, quello con il grasso e le ossa, quello che, in realtà, gli spettava perché contenente il midollo che è l’essenza della vita. Però, sentendosi ingannato, decise di punire l’impudenza di Prometeo sottraendo il fuoco agli uomini e risospingendoli verso l’animalità. Prometeo, allora, rubò il fuoco degli dei e aiutò gli uomini a sopravvivere. Allora, Zeus chiamò Efesto che creò Pandora (colei che ha tutti i doni per sedurre gli uomini) che, per primo, incontrò il fratello di Prometeo: Epimeteo (colui che capisce dopo). Pandora portava in dono un vaso che non doveva essere aperto perché conteneva tutti i malanni ma ne uscì tutto il contenuto tranne la speranza. Infatti, per i Greci, la speranza non era un bene perché è necessario che l’uomo impari il disincanto per riuscire a vivere meglio. La speranza rimane nel vaso perché è l’uomo che deve decidere se auto-infliggersi questa pena o meno. Con Pandora, arrivano anche la relazione tra uomo e donna, la maternità, iniziano il tempo umano, nascono la fatica, il lavoro e la consapevolezza della morte. Però, Prometeo porta in dono anche le cieche speranze che leniscono il dolore e, pur essendo illusioni, migliorano la vita. Questa tragedia viene attribuita a Eschilo ma non se ne ha la sicurezza poiché, essendo molto religioso, non si spiega la crudeltà che attribuisce a Zeus. Se fosse di  Eschilo, l’illusione donata agli uomini da Prometeo sarebbe quella di superare la morte attraverso la tecnica che promette di realizzare ogni sogno. Quindi, inizialmente, Prometeo difende l’uomo con la tecnica. In realtà, lo illude di non avere limiti. Il progresso, infatti, è una luce che abbaglia e potrebbe farci dimenticare la nostra mortalità. Quando Zeus punisce Prometeo con il suo supplizio, prometeoquest’ultimo, che è immortale, invoca la morte, comprende cosa significa essere umani e, forse, anche il limite oltre al quale la tecnica non può andare. Potrebbe anche liberarsi rivelando un segreto a Zeus e la punizione serve per dargli saggezza. Per l’uomo è meglio non essere immortale perché, per esserlo, dovrebbe essere come gli dei. Al contrario, l’assenza della morte servirebbe solo a prolungare una eterna pena. Alla fine, quindi, non c’è blasfemia perché l’ordine di Zeus è giusto e lo si comprende grazie a un conflitto. Tutto ciò ci permette di cogliere il pensiero greco in merito alla tecnica e al progresso: sono benedetti ma solo se si comprende che devono essere controllati. Infatti, il mito continua a rimanere quella riserva di senso che consente di comprendere cose profonde, prima tra tutte che, senza limiti, il progresso diventa pericoloso. Su Prometeo, esiste anche il racconto di Platone in “Protagora”. Ancora una volta, il Titano soccorre gli uomini rubando il fuoco ma anche la tecnica, il linguaggio… Lo fa perché gli uomini sono indifesi per colpa di Epimeteo che si dimentica di lasciare qualche dono per loro. Così, gli uomini evolvono rapidamente però non sanno convivere, scatenano guerre tremende anche grazie alla loro tecnica militare. Così Prometeo si rende conto del suo errore ma Zeus gli dice che manderà due doni dal cielo: Dike (la giustizia) e Aidós (il rispetto o la vergogna): finché saranno con gli uomini, li faranno vivere insieme ma, se non saranno onorate, se ne andranno. La tecnica non basta, quindi, se si perdono i valori come giustizia e rispetto ma, purtroppo, ne siamo sempre meno consapevoli. Alberto Banaudi ha distribuito parole – cariche di senso e passione – ad un pubblico attento e partecipe che, sicuramente, tornerà ad ascoltarlo per i prossimi incontri filosofici che si terranno sabato 7 e 28 marzo 2020 al Castello di Cisterna d’Asti.                                                                                              Giovanna Cravanzola

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