Lunedì, 26 Ottobre 2020 | Scritto da: didattica


TEATRO GRECO E FILOSOFIA – 1° INCONTRO

RIPARTITE CON SUCCESSO LE VIDEOSOFIE CON IL PROF. ALBERTO BANAUDI

PER IL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE

Un appuntamento con l’ incanto profondo quello che, come di consueto, ha regalato il prof. Alberto Banaudi al folto pubblico di appassionati che segue le sue conferenze. La nuova videosofia, dal titolo Teatro greco e filosofia” è la prima di una serie di appuntamenti che lo vedranno protagonista nei prossimi mesi, si è tenuta sabato 7/11/2020. L’appuntamento è stato organizzato dal Polo cittattiva astigiano albese – I.C. di S. Damiano e Museo Arti e Mestieri di un Tempo con Fra production spa, Acli e Aimc di Asti.

Attraverso il fascino delle sue parole, il prof. Banaudi ha accompagnato il pubblico in un viaggio nel passato ma anche alla ricerca del senso della vita. Il punto di partenza è stata la città di Atene, che, nel 5° secolo a.C., era il centro della cultura, del potere ma anche il simbolo della libertà: la New York dell’antichità. E’ stata il luogo di nascita di tragedia, commedia, storiografia e filosofia. Aveva sconfitto l’attacco persiano preservando la libertà e di questo ne era sempre andata fiera. Qui, per la prima volta, si era fatta esperienza della democrazia attraverso leggi laiche e non di derivazione divina. Ad Atene, infatti, le leggi erano formulate da uomini che le discutevano e votavano avendo compreso che dipendevano solo dalla capacità umana di prevedere il futuro. Era stata una scoperta di portata eccezionale: il potere era in mano agli uomini, poteva essere attribuito e tolto. Si era sottratta la vita e la storia al potere degli dei e lo si era fatto in modo quasi blasfemo. In questo clima culturale, troviamo pensatori come Anassagora e Protagora. Il primo credeva nel potere di un’intelligenza ordinatrice dell’universo e in quello della scienza. Per Protagora, invece, l’uomo era la misura di tutte le cose: dietro alle leggi, c’erano gli uomini, al massimo la sorte… ma non gli dei. Crizia, un altro pensatore, riteneva che la religione fosse un’invenzione poliziesca di certi legislatori per controllare gli uomini.

Gorgia, invece, aveva convinto gli ateniesi che la parola fosse più importante di qualsiasi altra cosa. Non importava la competenza ma la capacità oratoria di convincere. Non esisteva più la differenza tra il bene e il male. Tutto ciò che era utile veniva considerato il bene. Gorgia apparteneva alla categoria di quelli che possiamo definire progressisti. Altri pensatori, legati alla tradizione, volevano salvarla. Li potremmo definire conservatori anche se sono stati i più grandi innovatori, come sempre accade.

I grandi conservatori, come Socrate, Sofocle, Platone, compresero che, per contrastare la sfida progressista, bisognava recuperare i grandi fondamenti per non precipitare nel vuoto. Bisognava essere all’ altezza di un pensiero capace di attraversare il nulla e superarlo.

Sofocle era un conservatore perché voleva contrastare il pensiero progressista determinato a cancellare la tradizione. Il suo “Edipo re” ne è uno straordinario esempio ed ha qualcosa in comune con l’ “Apologia di Socrate” di Platone perché la città di Delfi ha un ruolo fondamentale. Edipo, nel tentativo di evitare il suo destino, gli va incontro. Durante le sue vicissitudini, incontra la Sfinge che lo sfida con un enigma che, per il mondo greco arcaico, era un potente metodo per competere con un nemico. Edipo risolve l’enigma e libera Tebe. Sposa la regina vedova e hanno dei figli ma, dopo poco tempo, una terribile epidemia sconvolge la città. Alla fine, il protagonista scopre che i suoi sforzi sono stati vani: la profezia si è avverata. Edipo si rende conto di essere uno e molti: è padre e fratello dei suoi figli, marito e figlio di sua madre, erede e assassino del padre, salvatore e causa dell’epidemia di Tebe… Quest’opera è il più grande giallo della storia dove l’investigatore è anche l’assassino. Dopo aver scoperto la verità, si acceca. Non vuole più essere visto, si rifugia nella tenebra come un bimbo che si nasconde, ma non vuole neppure vedere più. Sceglie di rifugiarsi nell’oblio che è ancora più terribile della morte.

Sofocle arriva a dire che l’uomo non è la misura di tutte le cose perché Edipo, per sfuggire al suo destino, lo realizza. La sorte ha una forza maggiore di quella degli dei. L’uomo è misurato da qualcuno che gli è superiore. Proprio per questo, gli eventi non sono nelle sue mani e questo è il pensiero di tutti i conservatori.

Questi temi antichi sono ancora attuali. Da un lato, c’è il transumanesimo si pone l’obiettivo di superare tutti i limiti mentre, dall’altro, c’è chi sostiene ancora l’esistenza di regole e limiti che l’uomo non può trasgredire. Edipo scopre che il sapere di cui era orgoglioso, non gli è servito a nulla perché era generico e non coglieva la verità profonda, il senso ultimo della vita. L’enigma della Sfinge è a doppio fondo: l’uomo scopre che l’enigma è uno specchio in cui avrebbe dovuto identificarsi ma ne è stato incapace.

Socrate, l’altro grande innovatore e conservatore, è collegato perché, nell’opera di Platone, si racconta che un suo amico, interrogando l’oracolo di Delfi, aveva scoperto che il filosofo era l’uomo più sapiente del mondo. Allora Socrate, convinto di non sapere, era andato a interrogare quelli che si ritenevano i veri sapienti. In realtà, non riceveva risposte. Questo è il modo paradossale in cui ha creato il suo pensiero di grande conservatore perché, insieme a Platone, rifonda i fondamenti che vanno oltre all’uomo laddove i sofisti ne avevano negato l’esistenza.

Giovanna Cravanzola

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