Martedì, 25 Gennaio 2022 | Scritto da: didattica


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- SLIDES PROCACCIA

- SLIDES ANTONUCCI: CRITICITA’ RICERCA DEPORTATI

- SLIDES ANTONUCCI: FONTI

- DATI DEPORTATI 16 OTTOBRE 1945

Le commemorazioni sono importanti ma ci sono temi sui quali è necessario conoscere e riflettere tutto l’anno e, anche per questo, giovedì 3 febbraio 2022 alle 18, i curatori Silvia Haia Antonucci e Claudio Procaccia, hanno presentato il saggio Dopo il 16 ottobre. Gli Ebrei a Roma tra occupazione, resistenza, accoglienza e delazioni (1943-1944)” (Ed. Viella). Nicoletta Fasano ha introdotto l’incontro che è stato organizzato con Museo Cisterna d’Asti, Israt, Associazione “Franco Casetta” con Fra production spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti. Il saggio, come ha detto in apertura la Fasano, è ricco di materiali e contenuti. Si tratta di una raccolta di saggi voluta dalla Fondazione Museo della Shoah che ha coinvolto la Comunità Ebraica di Roma e il suo Archivio Storico per ricostruire ciò che accadde agli ebrei della città dal settembre ‘43 al ‘44.

Si tratta di percorsi davvero molto diversificati mentre, nello stereotipo comune c’è la convinzione che a Roma ci sia stata un’unica grande retata mentre gli arresti proseguirono in modo sistematico sul territorio. Come ha sottolineato Claudio Procaccia, Ie ricerche per i materiali del libro provengono dai lavori di Amedeo Osti Guerrazzi e Giancarlo Spizzichino. Andando a ritroso nel tempo, con l’Unità d’ Italia, gli ebrei si aprono all’esterno. Il quartiere ebraico antico sorgeva lungo le rive del Tevere mentre la costruzione del nuovo ghetto – il cui Tempio è inaugurato nel 1904 - porta alla ristrutturazione di intere aree.

Fino al 1868, gli ebrei erano artigiani, commercianti e uomini di fatica ma, con l’emancipazione, tutto cambia: si inseriscono nella società dell’epoca, anche grazie alla maggior alfabetizzazione, arricchendo tutta la comunità. Inoltre si legano a Casa Savoia e ciò si evince, per esempio, dalla toponomastica che cambia per diventare italiana celebrando i membri della famiglia regnante. Sono anni di massima assimilazione. È un processo complesso che interessa l’ebraismo europeo e italiano. Nel 1938, prima delle Leggi razziali, aumentano gli impiegati, i liberi professionisti e gli industriali. In questo periodo, sul territorio italiano e a Roma soprattutto, ci sono anche molte persone non censite. Si tratta di ebrei provenienti dall’estero. Purtroppo, con l’ introduzione delle Leggi razziali, si ritirano licenze, si chiudono negozi e tutto ciò provoca danni a tutta la popolazione romana. Dopo l’ armistizio, le mi-nacce naziste sembrano rivolte solo ai maschi adulti e non al resto della popolazione ebraica. Invece, dopo l’arrivo nei giorni precedenti di un collaboratore di Eichmann, la mattina del 16 ottobre 1943 inizia il rastrellamento. Al contrario di quello che si pensava, anche vecchi, donne, bambini ed adolescenti vengono presi. Nei rastrellamenti successivi, invece, si salvano più donne e bambini. Nonostante le troppe vite cancellate, a Roma accade qualcosa di unico: l’80% degli ebrei si salva e tutto ciò avviene in vari modi: la città protegge.Tutto ciò, però, non deve far dimenticare che la maggior parte delle razzie avviene a causa delle delazioni di non ebrei.

Come ha sottolineato Silvia Haia Antonucci, la razzia del 16 ottobre ‘43 avvenne in tutta Roma in quanto il 43% della popolazione ebraica abitava nell’area dell’ex ghetto mentre il resto in tutte le altre zone. Le liste delle persone da arrestare non furono prese dalla comunità ebraica anche perchè, comunque, i fascisti avevano a disposizione tutti i dati necessari. Oggi la difficoltà nel ricostruire questa vicenda sta nell’effettuare le ricerche sui numeri. Tutto ciò, però, non lascia scoperto il fianco ai negazionisti perchè non variano la sostanza di questo tragico evento anche se, una sola persona scomparsa e non conteggiata fa la differenza. Infatti, ogni volta che si riesce a ricostruire la storia di una delle vittime significa restituire al mondo una vita che, altrimenti, sarebbe caduta nell’oblio.

La difficoltà nel trovare il numeri effettivi delle persone deportate si deve ad errori umani di trascrizione ma anche alla carenza dei dati anagrafici, ad esempio per quanto riguarda gli stranieri, ad omonimie ed errori relativi ai nomi femminili. Molto spesso gli elenchi si devono alle famiglie superstiti che denunciano la scomparsa di un loro caro. Nel saggio nomi e dati delle persone indicate sono convalidati da almeno due fonti. In questa ricerca sono importantissime quelle orali. Purtroppo, visto che al termine della guerra tutti cercano qualcuno, sono moltissime e, per questo, sono problematiche. All’inizio si pensò anche che le testimonianze fossero di malati di mente. Inoltre fare le ricerche aveva ed ha un grande costo per il personale e, anche per questo, molti archivi sono ancora da indagare. Si scoprono negli anni ancora nuove fonti ma bisogna sempre vagliarne la validità. Per quanto riguarda le testimonianze, inoltre, c’è sempre da considerare l’errore della memoria e la reticenza a parlare. Per questo è necessaria una ricerca continua.

Dopo la fine della guerra – ha aggiunto Procaccia - gli ebrei non sono mai più tornati nell’esercito e, con molto ritardo, sono rientrati alle professioni e alla vita politica. Un altro tema importante è il rapporto tra processi identitari e l’istinto alla sopravvivenza.

Durante la persecuzione era meglio non farsi riconoscere e, proprio per questo, chi era più povero ha avuto meno occasioni di salvarsi. Oggi sono note molte di queste vicende ma sono ancora tante le storie da indagare. Scoprire altri nomi delle persone così ingiustamente scomparse, significa ridare loro una dignità e una storia.

Giovanna Cravanzola

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