Venerdì, 28 Aprile 2023 | Scritto da: didattica


SLIDES PALLANTE

Odiate, considerate spietate come la morte, le tasse garantiscono lo stato sociale come scuola, sanità e non solo. Sabato 13 maggio 2023, al Castello di Cisterna il prof. Francesco Pallante ne ha discusso con Luca Anibaldi nell’ambito della presentazione del suo saggio “Elogio delle tasse” (Einaudi). L’iniziativa è stata promossa da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano, Museo Arti e Mestieri e Comune di Cisterna d’Asti, con Fra production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti.

Andrea Pallante è professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università di Torino. Oltre ad articoli e saggi su riviste giuridiche, ha da ultimo pubblicato: Per scelta o per destino. La costituzione tra individuo e comunità (Giappichelli, 2018) e Contro la democrazia diretta (Einaudi, 2020). Collabora con il manifesto.

Luca Anibaldi è tra gli organizzatori delle iniziative del Polo cittattiva per l’astigiano e l’albese, volontario del Museo Arti e Mestieri Onlus di Cisterna d’Asti. Fa parte della rappresentanza sindacale dell’azienda informatica in cui lavora e anche del Direttivo provinciale della Filcams/Cgil dal 2020 e ha fatto parte di quello dello Fiom/Cgil dal 2013 al 2019.

Le tasse, come ha sottolineato in apertura Luca Anibaldi, sono un tema antico ma sempre attuale e senza di esse non esisterebbero leggi e diritti. “Lo stato minimo – ha detto il prof. Pallante – è quello di cui abbiamo bisogno. Le tasse sono sempre malviste, oggi in modo particolare ma, a mio avviso, dietro questa polemica c’è un attacco allo Stato. Sono contrari coloro che vorrebbero che lo Stato non ci fosse”. Molti i teorici che hanno approfondito questo tema alla fine degli anni ‘70 e diversi i punti di vista e, per alcuni, è lo Stato ad essere il problema. Meglio lasciare la massima libertà ai soggetti di fare da sé sollecitando potentemente l’idea di libertà e determinando un cambiamento degli equilibri culturali. La flax tax, ad esempio, ha l’intento di valorizzare il singolo. In questa visione, tutto può e deve essere acquistato e non c’è bisogno dello Stato e delle tasse perché anche i servizi essenziali devono essere pagati da chi vuole usufruirne. Nozick, lo studioso che sostiene questa teoria, ammette uno Stato minimo che offre servizi di base a chi non li può pagare ma, in questo caso, saranno altri a sostenerne i costi attraverso le tasse. La sua idea è assimilabile a quella ottocentesca di Stato guardiano che agisce solo in rarissimi casi, uno di questi è la tutela della proprietà privata. Lo Stato minimo ridistribuisce la ricchezza, per tutelarla, a favore dei ricchi dimenticando tutti gli altri. Alla fine dell’ ‘800 la crescita del disagio porta a dei cambiamenti. Nella visione di Stato minimo, la tassazione rimane uguale per tutti a prescindere dal reddito. Invece, nella Costituzione italiana, l’art. 3 afferma il principio di uguaglianza considerando le differenze e la necessità di riequilibrarle. Secondo questo principio, per abbattere le disuguaglianze, occorre partecipare alla vita del Paese come cittadini attivi. Nell’art. 4 si parla del diritto dovere del lavoro per migliorare anche la vita della collettività ed è necessario rimuovere gli ostacoli materiali, garantire il lavoro, la salute ed eliminare l’ignoranza. Per fare questo, non basta uno Stato minimo ma è necessario chiedere di più a chi è più ricco. Einaudi era consapevole dell’ importanza di aumentare il benessere per tutti. Oggi c’è una progressiva proporzionalità nella tassazione stabilita per scaglioni. Purtroppo, negli ultimi decenni, le diseguaglianze anziché diminuire sono aumentate e poche persone da sole posseggono la ricchezza di 6 milioni di poveri. Inoltre, la tassazione indiretta aumenta mentre quella personale sarebbe più equa. Attualmente, le tasse non sono troppo alte per tutti perché non si distinguono più le posizioni dei contribuenti e con l’Irpef viene tassato solo il lavoro dipendente mentre per quello autonomo la tassazione è piatta. Vengono tassati allo stesso modo i patrimoni finanziari e immobiliari così i ricchi non pagano in modo progressivo contribuendo meno dei lavoratori dipendenti. In questo modo, si ha la secessione dei ricchi.

Purtroppo la svalutazione delle eguaglianze abbraccia tutto il mondo politico. Oggi gli economisti parlano della “teoria dello sgocciolamento”: aumentando il benessere dei ricchi, si aumenta anche quello di tutta la popolazione ma non è così.

In questo modo, però, si sta riducendo la spesa sanitaria portandola al di sotto di quanti si spendere nel pre pandemia. Per quanto riguarda l’istruzione, siamo al quartultimo posto in Europa e agli ultimi posti per i salari per la spesa. Negli ultimi dieci anni la maggior parte della popolazione si è impoverita mentre è aumentato il numero dei miliardari. Il problema è la vittoria culturale dei ricchi che non hanno più responsabilità nei confronti dei poveri e, purtroppo, nessuna forza politica è in grado di sganciarsi da questa posizione.

I padri costituenti erano invece convinti che le tasse aumentassero il benessere collettivo tanto da introdurre l’art. 53. Oggi, al contrario, sono troppo alte ma non per tutti perché non distinguono più le posizioni dei contribuenti e ciò determina l’impoverimento delle fasce meno abbienti. Il tema delle tasse, come ha sottolineato il prof. Pallante, riguarda tutti e vale la pena approfondirlo – al di là dei preconcetti – per riconoscere i diritti di cui ciascun cittadino dovrebbe godere e che, spesso, ignora.

Giovanna Cravanzola

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