Martedì, 25 Maggio 2010 | Scritto da: didattica

Scarica il volantino: 28magg10

(Il file audio, in formato mp3, è
scaricabile alla pagina http://www.scuolealmuseo.it/registrazioni_download.html)
     

“IMPEGNO SOCIALE E VOLONTARIATO NELLA NOSTRA SOCIETA’

PER EDUCARE CITTADINI ATTIVI E RESPONSABILI”

Tredicesimo incontro del Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese

della Direzione Didattica di S. Damiano d’Asti per l’a.s. ‘09/’10

“Il seme che si butta non si sa mai dove va a finire” è questo l’imperativo categorico di don Aldo Rabino che è stato ospite venerdì 28 maggio 2010 presso il Museo di Cisterna d’Asti.

Sacerdote salesiano, don Rabino ha scelto i giovani e con loro, per loro opera da più di trent’anni. Educatore, insegnante pubblicista, consigliere nazionale FIGC SGS, è responsabile dell’Operazione Mato Grosso di Torino ed ha inventato l’Oasi di Maen. L’ incontro era inserito all’ interno delle serate di sensibilizzazione del Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’ Albese che vede come responsabile la Direzione Didattica di S. Damiano d’Asti.

Don Rabino è partito da un’analisi della società attuale nella quale nessuna delle istituzioni del passato - Stato, Chiesa e famiglia – è uscita indenne dal periodo di crisi che stiamo vivendo e, in questo quadro, i giovani sono uno degli anelli più deboli della catena. Già Don Bosco, intorno al 1860, parlava di gioventù povera e abbandonata. Oggi il termine utilizzato è quello di “disagio” nel quale, specialmente i più giovani, vivono le contraddizioni del nostro tempo, la mancanza di proposte per il loro futuro ma anche di regole che, al contrario, ricercano senza trovarle.

In questa situazione desolante spesso la risposta più semplice è quella di cercare di affermare il proprio valore come persona anche attraverso gesti eclatanti e irrazionali dove sovente si mette a rischio la propria vita ma anche quella altrui. Infatti in un’epoca in cui viene attribuito un valore alla mancanza generale di fatica per ottenere qualsiasi risultato, spesso ci si rassegna alla mediocrità e alla simulazione che portano, come condanna, ad una vita che difficilmente si nutre di reale. In verità moltissimi sarebbero i bisogni dei ragazzi primo tra tutti quello di scoperta della propria persona e anche del senso di appartenenza a qualcosa. Per crescere cittadini attivi occorre proprio trovare identità e senso di appartenenza responsabili cioè in grado di rendere ragione delle proprie scelte. Una cittadinanza attiva capace di proporre e organizzare.

Un mezzo è sicuramente l’impegno sociale nel volontariato che significa mettersi in gioco in prima persona in modo non eclatante agli occhi del mondo ma, innanzitutto, in modo significativo verso se stessi rendendo questa scelta non episodica ed estemporanea ma un vero e proprio stile di vita.

Ma per raggiungere questi risultati sono necessari Educatori e non solo animatori che sanno promuovere la formazione di gruppo che non ha un significato molto diverso da quello di squadra. In questo si crea senso di appartenenza ad un qualcosa che aiuta a crescere insieme. Don Rabino, citando nuovamente Don Bosco, ha detto che non è sufficiente voler bene ai giovani ma anche che i giovani si accorgano di questo bene che è loro voluto. Per fare tutto ciò è indispensabile poter contare sulla continuità e sul tempo perché, come pensavano gli anziani, le cose valgono se durano e non sono spot che già bombardano la vita di tutti noi. Dare valore, operazione delicata ma importantissima perché i giovani sono la cassaforte della società e il suo più alto patrimonio.

Un altro ingrediente è l’ottimismo contagiante che deve possedere chi è a contatto con i ragazzi per donare fiducia nel futuro ma anche la capacità di comprendere che, spesso, le scelte meno appariscenti sono proprio quelle che fanno la differenza e che, nel corso del tempo, sovente hanno modificato il corso della storia. Tutto ciò unito alla capacità di denunciare responsabilmente piccole e grandi ingiustizie con la propria condotta quotidiana di vita, giorno per giorno.

Al termine dell’ intervento il relatore ha citato le parole di J.F. Kennedy che diceva di non chiedergli cosa lui avrebbe fatto per il Paese quanto piuttosto era importante che ogni americano si domandasse cosa, in prima persona, ciascuno poteva fare per rendere migliori gli Stati Uniti.

In questo il senso di questo bell’ incontro con don Rabino, un “parroco itinerante” sulle strade della vita.

G. Cravanzola

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