Giovedì, 2 Febbraio 2017 | Scritto da: didattica

“MIO FIGLIO È AUTISTICO”. IL RACCONTO DI UNA MAMMA (INSEGNANTE E PSICOLOGA)

5^ INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE PER L’A.S. ‘16/’17

REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3: http://www.scuolealmuseo.it/registrazioni/autismo2.mp3

Domanda: “Cosa c’è di bello in un bambino autistico?”. Risposta: “… che, nonostante tutto, quando “prende” c’è e questo è davvero bello!”. Ileana Canta ha risposto con queste parole all’ultima domanda posta durante un incontro - bello e intenso - che si è tenuto lunedì 13 febbraio 2017 presso il Circolo M. Cartello della Fraz. Valgorzano di S. Damiano d’Asti. L’iniziativa è stata organizzata dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano d’Asti (all’interno del percorso “Recuperi/amo parte 4^ - Diritti verso il 2018”) con la Parrocchia dei Ss. Cosma e Damiano, il Museo e il Comune di Cisterna d’Asti, l’ Aimc di Asti  e la Fondazione Crasti come ha ricordato l’ins. Tiziana Mo nei saluti iniziali sottolineando l’importanza della tutela dei diritti, soprattutto di quelli delle fasce deboli. Riallacciandosi a queste parole, don Antonio Delmastro ha  sottolineato l’importanza di una comunità unita che diventa un supporto indispensabile che accoglie e condivide nel concreto le difficoltà dei suoi componenti. Di un percorso ha parlato Ileana Canta. Il suo non è stato un racconto qualsiasi ma il resoconto di un cammino particolare che ancora prosegue: quello della sua famiglia. Quando ci si mette in viaggio, si parte per una nuova avventura che si spera ricca di avvenimenti che ci cambieranno. E anche in questo caso è stato così anche se non è accaduto tutto ciò che ci si aspettava. Ileana Canta è una dottoressa e non solo. È un’insegnante e non solo. È una mamma e non solo. Consegue nel 2001 il diploma socio-psico-pedagogico ed inizia la sua attività di insegnamento nella scuola primaria. Nel 2004 si laurea con lode in Scienze e Tecniche psicologiche dello sviluppo e dell’educazione presso la facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino. Nel 2007 consegue con lode e menzione la laurea magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione. Nel 2008 si iscrive all’Albo degli Psicologi del Piemonte. Attualmente lavora nella scuola primaria come insegnante di sostegno. È la mamma speciale di un bambino speciale, Gabriele, con disturbo dello spettro autistico. Così Ileana, negli ultimi anni, ha maturato un forte interesse per questo tema e sta indirizzando la sua formazione al fine di conseguire una specializzazione in intervento nell’autismo.  La sua storia è un po’ difficile da raccontare perché non è semplice confrontarsi ogni giorno con un compagno di viaggio impertinente chiamato Autismo. Spesso la società, buonista a parole e indifferente nella sostanza, è incapace di guardare oltre ciò che vede, di leggere negli occhi dell’altro e di passare oltre. Molto più semplice manifesta atteggiamenti pietistici o di insofferenza verso un disabile e il suo accompagnatore. Ileana Canta, con semplicità, ha parlato proprio di questo: la sua scalata dell’Everest che avviene ogni ora del giorno, tutti i mesi e tutto l’anno. In questa impresa, ogni passo pesa come piombo e ogni respiro sembra che sia l’ultimo. Quando poi si pensa di essere arrivati alla cima, ci si accorge di essersi spostati solo di un metro e, a volte, si è addirittura tornati indietro. Eppure sembra che molti non se ne accorgano. Lo Stato e alcune Regioni in primo luogo perché, anziché sostenere disabili e famiglie, pongono ostacoli e non stanziano fondi per permettere loro di usufruire dei trattamenti opportuni. Tutto ciò vivono ogni istante le famiglie delle persone affette da autismo. Bisogna essere davvero degli atleti pronti a correre in salita superando continuamente degli ostacoli e senza neppure il miraggio di qualche medaglia da guadagnarsi. Ma qualsiasi gara, prima o poi, finisce e anche i campioni hanno il diritto di fermarsi per prendere fiato e riposarsi. Eppure alle famiglie degli autistici questo non è concesso. Neppure la malattia è concessa perché, quando sono i genitori a “non prendere” chi si prende cura di questi ragazzi? Chi riesce a connettersi con i figli quando mamma e papà sono senza campo? L’unica soluzione è votarsi a qualche santo ed è, come dice una recente canzone, anche “Vietato morire” (n.d.r.: e anche dormire). Questo viaggio avventuroso per Ileana e la sua famiglia è iniziato circa cinque anni fa. Intorno ai nove mesi, il piccolo Gabriele manifesta alcuni comportamenti che nella sua mamma provocano qualche perplessità ma non negli altri componenti della famiglia. A quindici mesi, però, la regressione comunicativa diventa evidente e si decide di approfondire con degli accertamenti che iniziano con una serie infinita di esami sovente privi di scopo. Tutto ciò, unito ai tempi biblici del S.S.N., spingono la famiglia a rivolgersi privatamente a degli specialisti cui fanno seguito osservazioni e mai valutazioni specifiche che determinano un’altra  perdita di tempo preziosissimo. Tramite mille peripezie, la famiglia spende energie per trovare centri specializzati per ottenere, a pagamento, qualche risultato che, però, spesso viene disperso a causa dell’impreparazione di alcuni terapisti e della loro alternanza continua, della mancanza di interazione e incontro tra questi ultimi e la scuola che, nel frattempo, Gabriele ha iniziato a frequentare. Spuntano montagne sull’Everest e avrebbero potuto non esserci perché,  a differenza dell’Autismo - il compagno di viaggio impertinente - queste sono opera di alcune persone che svolgono professioni di aiuto più per il loro portafoglio che per il benessere delle persone di cui si occupano. Al contrario, servirebbe una cultura dell’autismo capace di fare rete, di sostenere le famiglie che, sovente, vengono anche discriminate sul luogo di lavoro (proprio come è avvenuto ad Ileana) o finiscono nella rete di qualche presunto “esperto” che specula sulla loro disperazione, un vero e proprio mercato della disabilità che alimenta le illusioni dei genitori e, non di rado, danneggia i ragazzi. L’incontro si sta concludendo, la sala è gremita da più di centocinquanta persone che hanno ascoltato, silenziosi e assorti, Ileana Canta e la sua storia. Ci sono insegnanti ma anche genitori, nonni…  Sicuramente una riflessione, almeno in chi scrive, nasce spontanea perché se è vero che l’autismo è caratterizzato dalla difficoltà di comunicare e relazionarsi con l’altro, chi sono i veri autistici: Gabriele o tutti quelli che preferiscono guardare altrove?

Giovanna Cravanzola

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