Martedì, 16 Febbraio 2010 | Scritto da: didattica

Un’ intera generazione che non ha più fatto ritorno nelle vallate cuneesi, giovani dai 20 ai 25 anni che hanno bruciato la loro breve esistenza nell’arco di mesi orribili all’interno della disastrosa ed inutile campagna in Russia.

A tutti questi ragazzi, e alle loro famiglie, è stato dedicato il libro di Giorgio Ferraris: “Alpini dal Tanaro al Don” (Ed. ArabAFenice) che è stato presentato lunedì 22 febbraio 2010 presso il Comune di Montà all’interno degli incontri di sensibilizzazione promossi dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese, che vede nella Direzione Didattica di S. Damiano la scuola capofila, in collaborazione con l’Associazione Franco Casetta.

L’autore, maestro elementare, attualmente consigliere regionale e Presidente della Comunità Montana Alta Val Tanaro, si è da sempre appassionato a questa vicenda non solo dal punto di vista storico ma, soprattutto, umano. Figlio di un reduce, alpino del Battaglione Mondovì, ha vissuto in prima persona il disagio del padre, uomo provato, nel raccontare la sua esperienza di quei tristi giorni. La serata è stata introdotta da Silvano Valsania, sindaco di Montà, che ha saputo sapientemente toccare i punti salienti del libro ponendo domande all’ autore e proponendo spunti di riflessione per il numeroso pubblico presente. Gli interventi del moderatore e dell’autore sono stati intervallati da canti, rievocanti la guerra, proposti dalla Corale di Santo Stefano Roero.

Un libro dedicato ai giovani di allora, ragazzi che non si erano mai allontanati dai loro paesi, che non conoscevano nulla della vita, della politica e della guerra e nulla avevano contro le popolazioni che avrebbero dovuto combattere. In massima parte erano contadini e quello era il loro sapere: la propria terra che subito balzava come termine di paragone quando ai loro occhi apparivano le immense e monotone pianure straniere che stavano calpestando, tanto diverse dalle loro terre ma accomunate dalla misura del lavoro e della fatica.

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Proprio su questo passaggio occorre soffermarsi e riflettere facendo un paragone con i ventenni di oggi, sicuramente diversi ma uniti a quei coetanei di allora da speranze, sogni, desideri e aspettative che sono state cancellate insieme ai corpi e, spesso, alla memoria. Invece proprio questo confronto è in grado di non far trasformare il ricordo in retorica e di avvicinarlo, in modo da renderlo comprensibile, anche a tutti coloro che non hanno vissuto quelle terribili esperienze.

Il libro, suddiviso in due parti, prende avvio da un inquadramento storico generale della vicenda per poi passare ad analizzare in modo più specifico le sorti della Cuneense anche tramite le lettere dal fronte, le testimonianze dei sopravvissuti ed un ricchissimo apparato fotografico.

Moltissimi sono stati i libri dedicati alla guerra di Russia che hanno fornito un quadro esauriente. Perché, allora, un’altra pubblicazione al riguardo? Semplicemente per un dovere di memoria nei confronti degli alpini reclutati nell’Alta Val Tanaro che, per la maggior parte, non sono ritornati. Un tributo doveroso anche perché, essendo rari i superstiti, molte vicende rischiavano di essere dimenticate per sempre. Per non dimenticare ma anche per capire.

Al termine della guerra c’era nelle persone la voglia di scordare questa parte di guerra che precedeva la rivolta partigiana, quasi con un senso di vergogna perché i nostri soldati risultavano gli aggressori di una terra straniera. Quindi, se si trovavano molte lapidi dedicate ai partigiani, più rare erano quelle rivolte agli alpini. In realtà si trattava di giovani che, per la maggior parte, erano stati obbligati per dovere ad allontanarsi dai propri affetti molto spesso senza capire gli intrecci ed i risvolti politici e che, nelle zone di guerra, si comportarono in modo civile con la popolazione che già aveva subito vessazioni indicibili da parte della milizia nazista.

Per questo, nella parte finale del libro, vengono ricordati i vari monumenti e luoghi della memoria dedicati ai caduti. Tra questi la Croce Luminosa che si trova presso il Santuario dei Piloni di Montà. Si tratta di una croce circondata da una serie di cippi che ricordano i nomi dei caduti provenienti dai Comuni che aderirono all’ iniziativa: Montà, Canale, Cisterna, S. Stefano Roero, Castellinaldo, Castagnito, Guarente. A questi si aggiunsero successivamente i cippi di Alba, Mussotto, Monteu Roero, Vezza, Magliano Alfieri, Bossolasco e Montaldo Roero. La croce su inaugurata nel 1956 e di questo scrisse sulla stampa locale il padre dell’ attuale sindaco Valsania.

Della Cuneense tornarono solo un alpino su dieci circa e molte furono le famiglie che non ebbero neppure il conforto di aver notizie certe sulla fine dei loro congiunti. Si cominciò a parlare di dispersi e, in effetti, qualcuno – fino alla metà degli anni ’50 – ritornò dai campi di prigionia russi… ma furono pochissimi. Degli altri non si seppe più nulla anche per la grande difficoltà dei reduci, accompagnata dal un senso di colpa - simile a quello provato dai sopravissuti dei campi di concentramento, a portare queste notizie terribili alle famiglie dei compagni d’arme che conoscevano. Spesso, infatti, era più forte la necessità di lasciare sopravvivere la speranza di pensare ad un possibile ritorno in una casa dove tutto ancora parlava di loro piuttosto che distruggere questo sogno con la descrizione di una fine certa e orribile.

Strazianti gli episodi di altruismo raccontati ma anche quelli di terribili scelte che obbligavano chi ancora si reggeva in piedi ad abbandonare i feriti, chi si fermava sfinito… a morire solo in mezzo al gelo, invocando il nome della propria madre e dei propri affetti. Oppure delicati e toccanti quella di genitori che, per tutto il resto della loro vita, continuarono ad andare alla fermata della corriera del paese perché convinti che il proprio figlio stava per tornare. O quello della madre che, temendo il gelo russo per il figlio, aveva confezionato per lui una maglia di lana ma, arrivando in ritardo alla stazione dalla quale era partito, aveva conservato quell’ indumento per il giovane che non era più tornato e che, ancora oggi, viene tramandato alle donne della famiglia in suo ricordo.

Un libro per riflettere e ricordare questa generazione cancellata ma anche la giovinezza spazzata di tutti coloro che riuscirono a tornare e che, da allora, non furono più gli stessi ragazzi spensierati che erano partiti pochi mesi prima.

Moltissimi i presenti alla serata, molti anziani e anche un reduce che, con i loro attenti silenzi hanno sottolineato emotivamente gli intensi passaggi narrati dall’ autore, sottolineati dalla maestria della corale di Santo Stefano Roero, diretta dal Marco Costa, che ha intervallato gli interventi intonando diversi canti alpini ed un emozionante “Inno d’Italia”.

Prossimo incontro del POLO CITTATTIVA, venerdì 26 marzo 2010 alle ore 21,00 presso il Castello di Cisterna d’Asti. Titolo dell’ incontro: “PER CHI SUONA LA CAMPANELLA:UNA SCUOLA PER TUTTE LE ETA’”. Interverranno il dottor Angelo Bottiroli, Alessandro Di Gregorio, regista ed Emiliano Sacchetti, sceneggiatore.

 

G. Cravanzola

 

 

 

 

 

 

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