Martedì, 22 Febbraio 2022 | Scritto da: didattica

In occasione della 77a Commemorazione della Battaglia di Cisterna e S. Stefano Roero un ricco programma di eventi ha previsto anche la presentazione dell’ultimo saggio di Mario Renosio, storico, direttore dell’ Israt. “Attila, Pepe e gli altri. La lotta partigiana tra il Monferrato e le Langhe” (ed. Israt) il titolo del volume che è stato presentato al Castello di Cisterna d’Asti sabato 5 marzo 2022. A dialogare con l’autore Luca Anibaldi, presidente dell’ Associazione “Franco Casetta”. L’incontro è stato organizzato da Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese – I.C di S. Damiano, Museo di Cisterna, Israt, Casa della Resistenza e della Deportazione di Vinchio, Associazione “Franco Casetta” con Fra production spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti. In apertura, Luca Anibaldi ha voluto tributare un ringraziamento sentito a Mario Renosio e Nicoletta Fasano dell’ Israt che, da anni, supportano e collaborano all’organizzazione delle iniziative del Polo cittattiva e dell’ Associazione “Franco Casetta”. Inoltre ha posto l’accento sull’importanza del libro che non solo è interessante per la rigorosa ricostruzione storica ma aver delineato dettagliatamente la successione dei rapporti dei partigiani con la popolazione del territorio astigiano. Dopo 25 anni da un precedente lavoro, Renosio è tornato su questi temi perché, come ha ribadito, la ricerca storica non si ferma ma acquisisce sempre nuovi elementi che in precedenza non erano fruibili. In questi anni, infatti, nuove fonti, ricerche… si sono rese disponibili negli archivi tedeschi ed italiani restituendo un quadro più completo rispetto alle scelte naziste e fasciste.

Ne emerge una situazione a macchia di leopardo sul territorio italiano. I partigiani sono ragazzi cresciuti nel ventennio, educati alla guerra e la loro consapevolezza emerge in tempi e con motivazioni diverse. La maggior parte di loro, in prima persona, tocca con mano il divario tra la narrazione fascista e la realtà della guerra. Nel frattempo, nelle fabbriche di piccole e grandi città, iniziano le prime forme di ribellione. Non sono ancora dovute a un’opposizione politica al fascismo ma alle ristrettezze della vita che sono maggiori rispetto a quelle che si percepiscono nelle campagne. Il cibo è razionato e di scarsa qualità, la gente ha fame mentre nelle zone rurali, in qualche modo, c’è una maggiore disponibilità di alimenti. Non c’è quindi un popolo ribelle ma la situazione è diversificata proprio per questo. Inoltre, più della metà dell’Italia è liberata dagli alleati prima dell’inverno del ‘44.

Le campagne astigiane, ad esempio, vedono un movimento più organizzato dall’estate del ‘44. Intanto il fascismo di Salò fatica a radicarsi nella zona e il gruppo dirigente non è composto da gente del luogo.

Bisogna però avere ben chiaro che la Resistenza non fu una guerra di popolo fin dall’inizio come spesso ci piace credere. Inoltre le formazioni non erano omogenee almeno per quanto riguarda i componenti dei base. Spesso si entrava in una formazione per vicinanza, conoscenza… raramente per una convinzione politica. Una lettura storica consente una visuale più ampia e una lettura più articolata degli eventi.

Un singolo episodio – ha sottolineato Renosio – è per tutti fonte di dolore ma, se non si ha in mente un quadro più generale in cui è chiaro chi ha scatenato un conflitto e chi ha resistito, si perde di vista la realtà. Infatti, anche se tutti i morti devono essere rispettati, bisogna considerare quali ideali si sono mossi da vivi”.

Grazie al ruolo della Resistenza, gli Alleati hanno concesso il diritto all’Italia di organizzare un’ Assemblea Costituente ma anche diritto di voto. E’ questo il valore della Resistenza, un movimento magmatico e variegato che, però, ha saputo ottenere dei riconoscimenti internazionali.

Con questo libro non ho voluto rendere onore ai comandanti ma ai partigiani semplici, ai molti che abbiamo conosciuto e che, nel corso degli anni sono diventati amici” ha concluso Renosio… quegli Attila, Pepe e moltissimi altri che hanno continuato a sentirsi partigiani per sempre.

Giovanna Cravanzola

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